Eduard Limonov- Zona industriale (Scheda)
Un “romanzo moderno”, così lo definisce l’autore, che attraversa gli episodi più rilevanti della propria vita, avvenuti prevalentemente dopo la sua scarcerazione, nel 2003. E poi tutte le donne conosciute, dalla convivenza con la ventenne Nastja – che lo aveva atteso durante la reclusione – al periodo in cui si offre a relazioni occasionali per arrivare al quinto matrimonio, con la famosa attrice, di trent’anni più giovane, Ekaterina Volkova, che sarà la madre dei suoi due figli, fino alla rabbiosa relazione con la spogliarellista Magdalena. Unitamente alla sua storia personale, Limonov racconta la radicale trasformazione della zona industriale: i nipoti degli operai delle fabbriche che affittano i propri appartamenti alla borghesia postsovietica e si trasferiscono in periferia, le vie del quartiere che si trasformano, riempiendosi di auto di grossa cilindrata, negozi e uffici.
Zona industriale racconta i giorni di Limonov nella periferia di Mosca, a partire dalla sua uscita dal carcere nel 2003, a sessant’anni compiuti, tra vecchie e nuove fidanzate, guardie del corpo, la politica, la scrittura, gli incontri inaspettati. Come Limonov di Carrère era più una biografia dell’autore francese che un racconto affidabile della vita del “personaggio Limonov”, così Zona industriale sembra piuttosto il racconto di una periferia russa che, gradualmente, passa da desolata a senz’anima, da poetica a brutale: due diversi tipi di violenza, dove è facile intuire quale sia la preferenza dell’autore.
Chi avesse pensato che questa potesse essere una “risposta realistica” al libro di Carrère, sarà costretto a ricredersi. Il “Johnny Rotten della letteratura” – definizione dello stesso Limonov, da giovane – ha scritto un memoir che, pur nel suo cinismo e nel suo residuo vitalismo, è pervaso da una nota patetica, quella del vecchio punk che vuole continuare a essere il più figo di tutti. Ma il mondo è cambiato, e quel punk deve venire a patti con qualche stronzata, quelle che per tutta la vita ha cercato evitare. Ed è questa nota patetica che finalmente lo rende, se non più credibile, almeno un po’ più umano.
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