Mario Caramitti- Letteratura russa contemporanea. La scrittura come resistenza (scheda)
Un’idea della letteratura come pratica della resistenza morale, spirituale, ma anche fisica: resistenza ai cataclismi della storia, alla violenza della quotidianità, ma anche alle insopportabili condizioni climatiche e sociali del continente eurasiatico, resistenza ai condizionamenti dell’ideologia prima, e del mercato poi, alle rigidità della lingua, ma anche alla temperatura, alla fame, alla consunzione. È questo il filo da cui sono legati idealmente due libri che, usciti quasi contemporaneamente, aiutano a comprendere meglio il sofferto rapporto tra scrittore e potere nella cultura russa degli ultimi decenni, dalla stagnazione alla perestrojka, dalla Russia di El’cin a quella di Putin.
Il primo, Letteratura russa contemporanea di Mario Caramitti (sottotitolo – appunto – La scrittura come resistenza), uscito da Laterza, farà la gioia di molti, specie di coloro i quali vogliano accostarsi al mondo letterario russo dall’interno, facendosi strada nel suo coacervo di carne, midollo e liquidi. Chiuso in sé e incurvato, quasi volesse difendersi dal mondo in una corazza a mo’ di testuggine, pronto a nascondere la testa, ma capace di non lasciare la presa quando la sua mandibola afferra qualcosa, il libro di Caramitti non ha il respiro della storia letteraria (non è certo un manuale, privo com’è di apparato e di un impianto «didattico e scientifico»), ma ha l’acuto sguardo del rapace che individua e afferra quanto c’è di più vitale per poi sezionarlo, spolparlo, mostrarlo in tutta la sua vitale perfezione e poi plastificarlo in una galleria di installazioni.
Le vie clandestine del samizdat
Ed ecco sfilare una sequela di opere e autori in un lasso di tempo reso convenzionale dalla precipua percezione dello scorrere russo dei giorni e degli anni: il bezvremen’e, l’assenza di tempo, della stagnazione brezhneviana, quando la scrittura è destinata a restare esercizio ignoto, quasi monastico, o diffuso per le vie clandestine del samizdat, per giungere agli anni dell’implosione del regime e poi oltre fino alla nuova Russia, da El’cin a Putin. Caramitti segue solo alla lontana le linee dell’evoluzione letteraria, peraltro di difficile definizione nell’intreccio delle tre letterature (russa sovietica, russa non ufficiale, russa émigré), e si sofferma ora su singole opere, ora su specifici temi e motivi, per passare poi a veri e propri «intrecci di parole» in un caleidoscopio immaginifico e umorale, nell’universo del samizdat (Groenlandia pregutenberghiana), tra neoavanguardie e modernismo epigonico, poesia concreta (il gruppo di Lianozovo), concettualismo (Prigov e Rubinstejn), e varie forme di umorismo, ironia, alogismo, in un vorticoso sovrapporsi di esperienze e di spazi temporali.
Alla scoperta di Atlantide
Grande traghettatore tra lingue e culture tanto diverse, Caramitti propone, accanto all’analisi dei singoli indirizzi storico-letterari, un itinerario «per autori e opere», che parte dal Brodskij del poema Gorbunov e Gorcakov (dialogo tra due voci, forse tra due emisferi di uno stesso cervello in un ospedale psichiatrico), passa poi al celebre Moskva-Petuški – alias Mosca sulla vodka – di Venedikt Erofeev, per giungere a Buona notte! di Sinjavskij-Terc, al Sokolov di Inter canem et lupum (forse tra le pagine avvincenti e vive di tutto il libro), al Sorokin di Possibilità, ai Sonetti sulle camicie di Genrich Sapgir, fino al Compromesso di Sergej Dovlatov.
Sono rispettivamente dedicate agli anni della crisi e della fine dell’Urss e alla fase più recente (1997-2010) definita Oltre la democrazia la seconda e la terza parte del libro, nelle quali Caramitti analizza il romanzo di Andrej Bitov La casa Puškin, per concentrarsi poi sul cosiddetto «postmodernismo postsovietico» all’interno del quale coesistono mistificazione, saggistica finzionale, fantastoria, memorialistica e rivisitazione del quotidiano sovietico.
In questa pluralità di voci, Caramitti – oltre a offrire puntuali caratterizzazioni di opere di singoli autori più noti (da Eppel’, a Sergeev a Pelevin) – mette in luce alcuni nomi rimasti finora pressoché sconosciuti, per lo più relegati nell’ambito dei siti letterari dell’internet russo, per i quali manifesta una singolare affezione con l’entusiasmo dello scopritore di nuove terre ancora non emerse (non a caso uno di loro, Aleksandr Kondratov, matematico e linguista, è noto anche per i suoi scritti su Atlantide oltre che per un libro sugli etruschi). Mentre, tra gli scrittori più recenti, uno sguardo di particolare attenzione è rivolto a due scrittori, Vladislav Otrosenko e Michail Shishkin, tradotti e noti in Italia, che possiedono entrambi una cifra creativa di forte impatto.
Eterodossia light
Se da un lato Letteratura russa contemporanea riserva ampio spazio alla descrizione delle tendenze poetiche più recenti, al rapporto tra letteratura, media e mondo dello spettacolo, alle nuove tendenze della letteratura della rete (quella che in Russia si definisce setatura, da set’, «rete», appunto), particolarmente stringato e privo di emozioni è il modo in cui Caramitti tratta la letteratura ufficiale, semiufficiale, e in generale la letteratura apparsa a stampa nell’Urss (dagli autori del disgelo agli scrittori ruralisti e a quegli autori che egli ricollega a una certa «etedorossia light», come Trifonov o Kazakov), probabilmente perché il filtro attraverso cui viene qui riletta la storia letteraria russa privilegia una tradizione non tanto di opposizione militante, quanto di resistenza attraverso l’elaborazione di forme poetiche e orientamenti tematici in opposizione al gusto dominante..
Riscritture deformanti
Egualmente dedicata alla Russia, alla sua letteratura e società, in un arco temporale di riferimento che grosso modo corrisponde a quello della seconda e terza parte del libro di Caramitti, è l’antologia proposta da Salani, Russian Attack, curata da Marco Dinelli e Galina Denissova, nella quale sono presentati testi scritti tra il 1980 e il 2009 da tre autori, Viktor Erofeev, Eduard Limonov e Vladimir Sorokin, molto noti anche in Italia, dove nel corso del tempo sono apparsi numerosi loro romanzi e racconti. In particolare, tra le pubblicazioni più recenti vanno ricordati almeno L’enciclopedia della vita russa e Il buon Stalin di Erofeev, Eddy-baby ti amo e Il libro dell’acqua di Limonov, Ghiaccio di Vladimir Sorokin. (E in questa prospettiva dispiace che ancora oggi non abbia visto la luce in italiano La giornata di un opricnik di Sorokin, forse l’opera russa più importante degli ultimi tempi nel genere della distopia).
Tutti e tre gli scrittori hanno un passato importante nell’ambito del dissenso ideologico verso il comunismo sovietico (Limonov fu anche scrittore émigré, poi, ritornato in patria, è divenuto leader del partito nazional-bolscevico oggi fuorilegge, e in tempi recenti guida della coalizione Altra Russia) e le loro opere giunsero in occidente negli anni del definitivo tramonto dell’Urss. Il loro atteggiamento critico verso i vari aspetti della vita sociale e letteraria dell’epoca della stagnazione fu caratterizzato, sia pure in modo diverso, da una fruttuosa ricerca formale nei generi narrativi e non solo da un atteggiamento di denuncia. Non si trattava insomma semplicemente di un moto di rifiuto, ma dell’aspirazione, comune a tutti e tre, certo con diverse sfumature, di affrontare in modo non conformista e senza tabù i grandi temi della società, da quelli nazionali e d’identità a quelli morali e propriamente artistici. Da qui opere che si fondavano ora sul concettualismo letterario, ora sul gusto postmoderno della riscrittura deformante, da qui forme di ibridismo letterario, accompagnate da pose e comportamenti in opposizione al conformismo morale e ideologico, tanto da attirare accuse di pornografia e antipatriottismo.
Dopo il crollo del comunismo i tre scrittori sono rimasti al centro di un’intensa attività critica nei riguardi sia delle tendenze conservatrici e di restaurazione del mito nazionale (l’ultima in ordine di apparizione è il cosiddetto «conservatorismo illuminato» del regista Nikita Michalkov), sia verso il controllo «verticale» sull’arte e la libertà di espressione, rimanendo per questo vittime di campagne di denigrazione.
Vale comunque la pena qui sottolineare come, sulla stessa linea del libro di Caramitti, i testi proposti nell’antologia siano opere che si distaccano dalla mera contingenza politica e sociale, forse con l’eccezione di alcuni pamphlet e dichiarazioni di Erofeev e Limonov contro il potere, che possono sviare il lettore, e quasi lo distolgono dalla squisita letterarietà del resto dei testi. Testi caratterizzati ora da toni documentaristici, ora da elementi di non-fiction e da specifici toni da blog, dal procedimento della «nuova sincerità», ma pur sempre opere di finzione. Ci troviamo così di fronte a una situazione per certi versi paradossale e in certo modo analoga a quella relativa alla grande letteratura russa del cosiddetto «realismo critico» (da Gogol’ in poi), letta dalla critica militante ottocentesca in un’ottica giustamente pubblicistica, ma che poi la critica del modernismo ha consentito di rileggere in nuove e più complesse prospettive interpretative.
Un affresco invernale
Scritto negli anni ’80, il racconto di Erofeev Vita con un idiota è una delle cose più forti dello scrittore, e si incentra sulla vicenda dell’adozione di un demente, Vova, che si impossessa degli spazi vitali e della vita stessa dei suoi benefattori. Mostruoso ritratto della forza ferina e primigenia della crudele natura russa e reincarnazione patologica di Lenin, rappresenta una prova letteraria di grande impatto espressivo e si realizza in un’apocalittica visione della Russia decapitata dalla forza cieca degli elementi. La tana e la patria di Limonov offre dal finestrino di un aereo che sta atterrando a Mosca una visione del tetro e desolato paesaggio invernale russo, un affresco cupo, cimiteriale, avvolto in un’atmosfera densa e soffocante che ricorda il bellissimo Libro dei morti dello stesso autore. Di eguale forza espressiva e profondità analitica i racconti di Sorokin tra sperimentazione e riflessione formale, nei quali il calmo trantran della quotidianità risulta stravolto dall’inaudita e sanguinaria violenza del passato.
Opere che, ripetiamolo, vanno oltre la contingenza (non a caso i testi appartengono a un arco di trent’anni) e mostrano tutta la vitalità dell’odierna letteratura russa all’interno di una società culturalmente vivace, percorsa da indubbie contraddizioni, tra passato e futuro, tra poesia e violenza, tra turbinosa crescita economica ed endemici ritardi, nel turbinio di dibattiti, urla, talk-show, e improvvisi lunghi silenzi.
Fonte: Stefano Garzonio
https://puntocritico2.wordpress.com/2011/02/14/postmoderno-postsovietico/
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