Erofeev, Limonov, Sorokin – Russian Attack (scheda)
Un folle, un idiota e una donna vulnerabile si abbandonano alle passioni carnali e agli istinti più biechi, disseminando qua e là riflessioni grottesche degne del miglior Gogol’. Risse da sbornia, un’impiccagione, sesso con cocaina portano tutte al “soffocamento”, a pugni in faccia e calci al ventre della più dolce delle mogli, e a picconate che attraversano da parte a parte il corpo di un ex tenente del KGB. Ancora una volta, un attacco al potere, ancora una volta, tutta colpa di Putin…
Un attacco a Putin in cui Viktor Erofeev chiede la fine della guerra dello Stato contro la letteratura e gli scrittori, colpiti da quella che di recente è stata definita “la macchina del fango”, ovvero la diffamazione pubblica. La Russia, secondo Eduard Limonov, è un Paese in bilico tra l’anima orientale e le aspirazioni occidentali: il suo simbolo, l’aquila bicipite, rispecchia perfettamente questo dualismo schizofrenico personificato da Putin, che al Paese “non ha dato nulla tranne il proprio vuoto”. I paesaggi e i climi formano la psiche dei popoli: i russi sono taciturni, cupi, meteoropatici. È per questo che adorano Puškin e Gogol’, due scrittori meridionali, gli tzigani della letteratura russa. Aver poi vissuto per quattro secoli nella condizione di servi della gleba ha come logica conseguenza l’alterigia dei presidenti in carica, che trattano i cittadini da sudditi, giustiziati o graziati per un loro capriccio. Infine dieci accuse al presidente, tra cui la chiusura dei canali televisivi indipendenti e la guerra cecena mascherata da “lotta al terrorismo”. Un Presidente così non ci serve, riporta un volantino del Partito nazionalbolscevico, uno che si crede uno zar e non un presidente eletto dal popolo. E se le sue azioni sono dettate non da cattiva volontà ma da mancanza di talento politico, questo presidente deve trovare il coraggio di dimettersi, per il bene della Russia. Questa breve antologia di tre classici della letteratura russa di oggi raccoglie le voci più autorevoli del nuovo dissenso. Punto di partenza comune è la narrativa, una prosa ribelle e perturbante. Punto di approdo la politica che entra nel dibattito culturale per minarlo, per segnalare i libri “nocivi” di cui disfarsi a favore di quelli “utili” o per guidare una società definita immatura, che va indirizzata verso valori più alti. È una combinazione equilibrata di informazione documentaristica e puro lirismo.
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