HSK (Hanyu Shuiping Kaoshi) – Certificato di lingua cinese
HSK (Hanyu Shuiping Kaoshi) è una prova di esame che misura la capacità di utilizzare la lingua cinese da parte di persone non di madrelingua. Il test è amministrato dalla Hanban, un’agenzia del Ministero dell’Istruzione della Repubblica Popolare Cinese. Nel 2010 la Hanban ha affermato che i sei livelli dell’esame corrispondono ai sei livelli del Quadro Comune Europeo di Riferimento per la conoscenza delle lingue. L’equivalenza è stata contestata dall’associazione tedesca e dall’associazione francese[2] di insegnanti di lingua cinese. Infatti, soprattutto nel caso di studenti la cui lingua madre non abbia ricevuto una notevole influenza del cinese, sia il numero di parole indicato nelle liste ufficiali della Hanban per il raggiungimento dei vari livelli, sia le competenze oggetto di esame sono insufficienti rispetto ai parametri stabiliti per le abilità richieste da ciascun livello del QCER (Quadro comune europeo di riferimento per la conoscenza delle lingue).
Tabelle di equivalenza tra HSK e QCER
Livello HSK | Vocabolario | QCER – Stima Hanban annunciata | QCER – Stima associazione francese | QCER – Stima associazione tedesca |
---|---|---|---|---|
1 | 150 parole | A1 | al di sotto dell’ A1 | al di sotto dell’A1 |
2 | 300 parole | A2 | A1.1 | A1.1 (senza scrittura) |
3 | 600 parole | B1 | A1-A2 | A1 |
4 | 1.200 parole | B2 | A2 | A2 |
5 | 2.500 parole | C1 | B1/inizio B2 | B1 |
6 | (non meno di) 5.000 parole | C2 | B2/inizio C1 | B2 |
L’HSK e la diffusione del cinese nella scuola dell’obbligo
Negli anni più recenti si è registrata un’ampia diffusione dell’insegnamento della lingua cinese nella scuola dell’obbligo, in particolare nella scuola secondaria superiore. Gli studenti dovrebbero essere in grado al termine del quinto anno di avere una competenza linguistica equiparabile al livello 4 dell’HSK, una preparazione che può costituire una base utile per favorire un più veloce e proficuo approfondimento della lingua durante gli studi negli anni universitari. La complessità della lingua cinese infatti non permette di solito in solo tre anni universitari di raggiungere un livello di conoscenza della lingua adeguato ad un utilizzo in ambito lavorativo, ed infatti in Francia, l’INALCO di Parigi (la principale università per l’insegnamento della lingua cinese) permette l’accesso alla laurea triennale in cinese solo a coloro che abbiano già studiato la lingua durante gli anni del liceo; in alternativa gli studenti possono iscriversi ad un anno preparatorio (c.d. Diplôme d’Initiation) nel quale devono raggiungere una conoscenza della lingua equiparabile al livello previsto in uscita in Italia dall’ultimo sillabo pubblicato dal MIUR il 9 novembre 2016.
Il progetto di diffusione della lingua cinese nella scuola italiana è realizzato in stretta collaborazione con gli Istituti Confucio: ente controllato dal partito comunista cinese per la diffusione della lingua cinese nel mondo. Proprio la stretta collaborazione con gli Istituto Confucio ha portato ad un ampio dibattito sull’opportunità che la scuola italiana sia influenzata da un ente che dipende dal Partito Comunista Cinese, i cui criteri di funzionamento non sono trasparenti, e il cui obiettivo potrebbe essere semplicemente quello di diffondere una nuova immagine della Cina, tutta incentrata sul fascino delle proprie tradizioni culturali, ma attenta ad omettere questioni ancora aperte quali : Tibet, rispetto dei diritti umani e democrazia in Cina.
A queste critiche si sono aggiunte quelle inerenti alla opportunità di investire già nella scuola dell’obbligo su una lingua che nonostante la crescita economica si sta rivelando poco utile nel mondo del lavoro. La CNBC ha recentemente sottolineato che le imprese non hanno interesse ad assumere personale con conoscenza della lingua cinese perchè anche in Cina la lingua veicolare internazionale è considerata l’inglese. La British Academy, nello studio “Languages: state of the Nation” , evidenzia come sebbene nelle interviste i datori di lavoro indichino il cinese come carta vincente (probabilmente influenzati dalle notizie sulla crescita economica della Cina), in realtà la maggior parte degli annunci di lavoro in Europa è riservato a coloro che conoscano le classiche lingue europee (inglese, francese, tedesco, spagnolo, italiano e lingue nord-europee). Anche le principali università anglosassoni sottolineano che per mettere a frutto la conoscenza del cinese si deve essere disposti a vivere in Cina, il Cinese infatti non può definirsi lingua degli scambi internazionali ed in Europa ha una scarsa utilità in quanto gli scambi con la Cina si realizzano principalmente facendo ricorso alla lingua inglese. La rilevanza della lingua inglese anche nei contatti con la Cina è confermata dallo stesso sistema di istruzione cinese che prevede esami di inglese obbligatori il cui non superamento impedisce la prosecuzione degli studi, peraltro la qualità delle conoscenze linguistiche degli studenti cinesi è in notevole aumento costituendo i cinesi circa il 60% degli studenti stranieri nelle università americane.
Proprio perché l’enfasi sulla lingua cinese già nella scuola dell’obbligo potrebbe rispondere più alle esigenze della Cina di diffondere una sua immagine positiva che alle reali opportunità lavorative dei giovani, un’apertura della scuola alle lingue non tradizionali dovrebbe contemplare un’offerta più ampia, introducendo ad esempio anche lo studio del russo, dell’arabo, del portoghese e del giapponese, in modo da permettere agli studenti di scegliere e valutare quale lingua studiare sulla base solo dei propri interessi e delle proprie inclinazioni.
Fonte: Wikipedia
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