Tipologia e repertorio della musica cinese

Tipologia e repertorio della musica cinese

 

La tipologia della scala pentatonica è rilevabile come centrale nelle musiche dell’etnia han e non. La scala pentatonica si presenta in 5 aspetti (scale modali), i diaoshi. I suoni mutevoli della scala pentatonica, i bianyin, sono le ulteriori due altezze che rendono la scala potenzialmente eptatonica e sono usati solo come abbellimento o come note di passaggio  (se non sono usati nelle variazioni modali). Sono possibili passaggi da un modo all’altro  in due maniere: se si conserva il tipo (diaoshi) o aspetto si cambiano le altezze assolute, se si mantiene il centro tonale invece cambia il diaoshi (il tipo) e quindi gli intervalli.  L’organizzazione ritmica privilegiata nella pratica musicale cinese è quella binaria. Il termine banyan esprime il concetto di metro e di ritmo. Fra le forme che caratterizzano i vari generi cinesi  è diffusa un’organizzazione multisezione. anticamente vi era una struttura tripartita, la daqu, importante nello yanyue dei Tang, mentre oggi strutture simili a suite si hanno in alcuni generi musicali. L’intero impianto esecutivo dei brani è spesso di natura eterofonica, come nei gruppi suona-tamburi dove il suona esegue una versione elaborata della melodia di base enunciata dal secondo suona (raramente i due suona possono esporre la melodia in quasi unisono). L’eterofonia è connessa all’attenzione per il timbro tipica delle musiche cinesi. Una pratica semi-improvvisativa o di arrangiamento di materiale tematico preesistente è alla base della tradizione. Alcuni processi creativi permettono la variazione delle melodie di riferimento, o melodie-tipo. Questo materiale tematico è fornito dai qupai, cioè temi strutturali con organizzazioni ritmiche. L’uso di qupai caratterizza molti generi strumentali o vocali. Due delle note strutturali della scala pentatonica possono esser sostituite con i suoni mutevoli (bianyin). La variazione ritmica invece si genera nel rallentare dei qupai veloci fino a trasformarli in temi di andamento medio o lento. Il rallentamento determina un abbellimento delle note strutturali del qupai, basato su interpolazioni melodiche e sostituzioni di note del nucleo pentatonico con bianyin: questa pratica semi-improvvisativa si chiama jiahua (aggiungere fiori).  L’estetica musicale cinese è riconducibile al confucianesimo e al daoismo: il primo, nella sua natura di etica politica vede una stretta connessione tra musica/danza ortodossa e riti, il secondo attribuisce alla musica il ruolo di mezzo di comunicazione fra uomo e natura. Le due dottrine ruotano attorno ad alcuni concetti quali il qi, il soffio vitale, che è alla base di tutte le cose e che forma tutte le cose: ogni qi è caratterizzato da un’altezza sonora , rapportabile ad uno dei dodici lv; he è l’armonia, che il confucianesimo vede come riflesso della società virtuosa che si deve manifestare anche nella musica; ying è la risonanza/simpatia, la capacità delle cose con caratteristiche simili (ma appartenenti a domini diversi) di influenzarsi l’un l’altra (i punti cardinali, il calendario, gli strati della società ecc.). gli ideali confuciani si riflettono particolarmente nella pratica attuale del qin, in cui si manifesta l’attenzione per ciò che è antico e raffinato. Visione opposta nel caso dei gruppi suona-percussioni imperniati su musiche vivaci. I musicologi cinesi riconoscono 8 grandi categorie di generi e repertori ma qui preferiamo dividerli in:

–          Musiche di corte: sono scomparse con la caduta dell’impero nel 1911 nonostante i tentativi di ricostruzione negli anni ’60 a Taiwan e poi nella Cina popolare. Storicamente la musica di corte era divisa in yayue (la musica rituale e del culto degli antenati imperiali, soggetta a cambiamenti ad ogni cambio di dinastia) e yanyue (i repertori di intrattenimento, ufficialmente avversari dell’ideologia confuciana, ma spesso apprezzati a corte. Entrambi erano tipicamente orchestrali (lo yanyue dei Tang prevedeva fino a 168 strumenti). Il valore rituale dello yayue ha causato un’attitudine conservativa anche nelle dinastie più tarde tant che le batterie di campane sono documentate fino ai Ming.

–          Repertori strumentali (solistici e per gruppi): i repertori solistici, tranne quelli del qin e del pipa, sono una creazione recente (alcuni risalgono anche dopo alla creazione della Repubblica popolare cinese) e questo a causa dell’influenza della musica classica occidentale. Il repertorio solistico per qin è stato coltivato per secoli come simbolo della virtù del letterato e mezzo di autocoltivazione confuciana per tutta la durata dell’impero. Con l’avvento del comunismo il repertorio si è ridotto ad un centinaio di brani, inoltre questi brani non hanno più valore di autocoltivazione e ora sono visti solo come genere musicale. Molti repertori solistici sono diventati centro d’attenzione per lo stile pancinese guoyue creato e praticato nei conservatori. Il patrimonio solistico per zheng è proprio tra quelli elaborati e codificati negli anni ’50: esistono vari stili regionali connessi a 5 aree (Shandong, Henan, Kejia, Chaozhou, Zhejiang) conosciuti come scuole liupai. Il repertorio moderno unisce brani tradizionali e nuove composizioni anche grazie a Liang Caiping, compilatore della prima raccolta dei brani per zheng della storia (del 1938). La tecnica esecutiva attuale vede arpeggi veloci e lunghe note tenute possibili grazie a corde in metallo invece che di seta. Zheng ed altri strumenti oggi sono coinvolti in nuove esplorazioni espressive impiegando tecniche inedite.  Il pipa, che ha una sua tradizione solistica (originatasi presso l’area di Shanghai), è impiegato anche come accompagnamento per canti narrativi  e varie musiche d’insieme. Negli ultimi decenni il pipa insieme ad altri strumenti viene usato per nuove composizioni. Liu Tianhua, oltre ad esser stato un gran compositore ed esecutore per pezzi di pipa lo è stato anche per lo erhu, determinando la comparsa del secondo nel mondo del conservatorio e quindi l’uscita dall’ambito esclusivamente folklorico. Fra gli strumenti a fiato solo il dizi ha un repertorio solistico creato a metà XX secolo a partire da vari stili regionali con prestiti da tradizioni operistiche regionali e melodie folkloriche.  Ci sono varie tipologie di insiemi strumentali nella musica folklorica: quelli suona-percussioni, quelli sheng-guan (organo a bocca e oboe cilindrico)

–          Musica dei teatri coreutico-musicali (opera): tutti i teatri cinesi hano come assi portanti la musica e la danza. Fra questi il jingju (Opera di Pechino), il kunqu (originario del sud, che dopo fasi di declino nel XVIII secolo oggi rivive una seconda vita), lo yueju (opera cantonese), lo huju (opera di Shanghai, con qualche elemento occidentale). Tutti questi teatri hanno un proprio sistema di melodie e un modo di cantare (repertorio continuamente adattato ai testi detto shengqiang/qiang). Nel jingju gli strumenti melodici sono due tipi di viella (jinghu e jing erhu) che accompagnano il canto degli attori, il liuto yueqin e l’oboe suona, fra le percussioni due gong, cimbali e un tamburo a cornice abbinato ad una coppia di crotali. La musica del kunqu è affidata al dizi a cui si uniscono il pipa, sanxian e ruan. I teatri delle ombre (piyingxi) e delle marionette (guileixi) presentano una varietà regionale anche a livello musicale: canti folklorici, musiche strumentali, canti narrativi e forme d’opera locali.

–          Repertori dei cantastorie: collettivamente chiamate quyi (arti vocali), nel nord il narratore impiega sia il parlato che il canto, al sud si chiama pingtan e contrasta con la ricchezza vocale la relativa semplicità dell’accompagnamento, spesso limitato ad un solo strumento. La versatilità dei repertori ha fatto del quyi un arte per città e campagna da un ampio ventaglio di interpreti. Se le tradizioni settentrionali trovano centro a Tianjin, al sud il centro è Suzhou.

–          Canto popolare: detto min’ge (termine adottato nel XX secolo su influenza occidentale), è vastissimo ed è tradizionalmente diviso in :shan’ge (canti a ritmo libero), xiaodiao (a ritmo regolare) e haozi (richiami per lavori ritmici) a loro volta presentanti tanti stili locali. Rilevante è l’impego del falsetto in alcuni shan’ge.

–          Musiche liturgiche buddiste e daoiste: oggi molto simili fra loro, possono essere accompagnate soprattutto da idiofoni (cimbali, tamburi a fessura muyu ecc.) e tamburi.

Le 55 etnie minoritarie determinano una grande varietà musicale. La polifonia (polivocalità), assente negli han, caratterizza la musica del sud-ovest. Spesso gli stessi musicisti suonano e danzano o cantano allo stesso tempo. Nel nord-ovest gli uiguri (i turchi del Xinjiang) praticano repertori simili a quelli arabo-islamici. 25 etnie praticano la polivocalità (da 2 a 8 voci), soprattutto nel sud-ovest della Cina dove sono molto usati organi a bocca lusheng. Nel nord est i rituali sciamanici mancesi vedono l’uso del tamburo a cornice insieme a campanelli a bandoliera indossati dallo sciamano. I mongoli sono famosi per il canto diafonico xöömii, canto lungo e canto breve.  I rituali bon e buddisti tibetani condividono alcuni elementi strumentali e vocalici. La vocalità buddista (e in parte anche quella bon) è caratterizzata dall’uso della parte più grave del registro basso, gli strumenti usati da buddisti e bon sono campanelle, tamburi a clessidra (damaru), cimbali, campane, tamburi a cornice, trombe di conchiglia, trombe di femore umano, trombe telescopiche fino ai 3 metri ed oltre, oboi ma nessun cordofono.

A Taiwan sono presenti gruppi aborigeni di ceppo austronesiano e coloni cinesi: i primi praticano una loro musica vocale caratterizzata anche da una complessa polifonia. Al canto solista o polifonico i diversi gruppi etnici uniscono alcuni strumenti come lo scacciapensieri, lo xilofono, la cetra a cinque corde pizzicate e flauti (anche nasali) e pestelli percossi su lastre di pietra. Fra gli aborigeni gli Ami o Amis sono stati oggetto dei più clamorosi casi discografici legali degli ultimi decenni, essendo stati defraudati di un loro canto registrato su disco da parte degli Enigma in Return to innocence. I discendenti dei coloni cinesi, gli Holo e gli Hakka (originari del Fujian e del Guandong) praticano tradizioni con molti punti in contatto con quelle cinesi continentali. L’opera gezaixi è considerata originaria di Taiwan. Il jingju, importata dai nazionalisti nel ’49, a Taiwan è chiamata guoju (opera nazionale) ed è sostenuta dal governo insieme al guoyue /musica nazionale) eseguita spesso dalla moderna orchestra cinese.



Categorie:U11- Musica cinese - 中國音樂

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