Gli strumenti della musica cinese

Strumenti cinesi

Gli strumenti della musica cinese

 

La maggior parte del patrimonio organologico finora ritrovato e presente nasce nel II secolo a.C., con l’avvento del primo impero cinese, ma molti degli strumenti usati anticamente sono caduti in disuso come nel caso dei metallofoni (batterie di campane) e i litofoni  per lasciar spazio sempre più a cordofoni e  aerofoni di origine straniera (dell’area indo-iranica, dell’Asia centrale e delle steppe settentrionali).

Gli strumenti delle etnie minoritarie hanno arricchito  il patrimonio organologico con tipologie e sottotipologie altrimenti non presenti in Cina: flauti nasali e policalami, trombe e corni, enormi organi a bocca, strumenti ad ancia singola, cetre tubolari idiocordi, liuti, archi musicali, xilofoni, batterie di gong, tamburi a cornice ecc.

Dal secolo scorso sono state applicate modifiche agli strumenti cambiando alcuni materiali di cui erano costituito per adattarli al contesto urbano, soprattutto dei concerti: oggi si preferiscono (ma non nella totalità) corde in nylon o acciaio per i cordofoni invece della seta, metallo e plastica per gli organi a bocca e flauti, altri strumenti sono stati modificati aggiungendo chiavi o corde per ottenere suoni pseudo-occidentali, infine alcuni oggetti sonori spesso folklorici sono stati sviluppati (tanto che si sono formate delle famiglie di strumenti).

Cordofoni

Le cetre cinesi più diffuse, il qin e lo zheng, risalgono al periodo Zhou. Il qin (con 7 corde) è una cetra a tavola eptacorde priva di ponticelli mobili che ne ha fatto per secoli uno strumento legato ai letterati e quindi preso in buona considerazione. Lo zheng rientra nella famiglia delle cetre a ponticelli mobili tipici dell’area est-asiatica. Contrariamente che per il qin qui si usano unghie artificiali per pizzicare le 16 o 21 (ma anticamente anche di 12, 13 o 15) corde in metallo ed è strumento ricollegato alle cortigiane e ad ambiti folklorici.

Altri strumenti a corde sono attestati verso i confini con la corea dove strumenti come il kayagum e l’ajaeng hanno corde che vengono pizzicate o sfregate.

Altra rara cetra è il chengni, della minoranza Zhuang (della Cina centrale). Lo yangqin fu importato in Cina forse grazie alla presenza europea sulle coste cinesi o forse è un adattamento del santur persiano: lo yangqin è un salterio a cassa  con corde percosse riunite in cori (dai 40 ai 120 cori) comparso solo in epoca Ming.

Pipa

I liuti sono presenti nelle sottotipologie a manico corto e lungo. Fra quelli a manico corto il più diffuso è il pipa (4 corde), con cassa piriforme (poco pronunciata/bombata e scavata in un unico pezzo di legno) con quattro corde (che raggiungono le 3 ottave) e priva di fori di risonanza. È infatti munita di un ponticelli-cordiera munito di tasselli convessi sul manico. Il cavigliere è spesso sormontato da u elemento simbolico o decorativo (testa di drago, coda di drago o un pipistrello).

Venne introdotto in epoca Sui (581-618) e la sua tipologia di cordofono a manico corto è da rintracciare nell’area iranica da cui sarebbe stato importato. Era associato a musicisti itineranti, cortigiane e a repertori stranieri e solo in epoca Qing fu adottato anche dai letterati (che in passato non lo consideravano bene).

Nel corso dei secoli la posizione di impugnatura dello strumento è passata da orizzontale a verticale e il plettro abbandonato per delle unghie artificiali o meno. Come il qin anche il pipa ha un repertorio solistico ma è anche questo incluso in differenti insiemi.

Pipa

Pipa

Yueqin

Altro liuto a manico corto ma a cassa rotonda è lo yueqin (cordofono a luna), uno dei principali cordofoni del jingju. La tavola armonica è priva di fori di risonanza ed ha un ponticello-cordiera a semicerchio e spesso un battipenna in pelle di serpente (raggiunge le 2 ottave) le corde sono pizzicate col plettro e con le dita.

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Fra i liuti a manico lungo vi è il sanxian o xianzi, che è privo di tasti e munito di tre corde pizzicate con piccoli plettri o con le dita. Altri liuti a manici lunghi si trovano nelle minoranze soprattutto nel Xinjiang dove i liuti sono identificabili con quelli dell’Asia centrale e dell’area turco persiana (dutar, tambur, satar ecc.). Fra gli uiguri è inclusa anche la viella a due corde ghizhak (in cinese aijieke), con corrispettivi in Iran.

Ci sono varie fidule bicordi fra le varie etnie cinesi, in esse il manico attraversa longitudinalmente la cassa di risonanza e sono conosciute collettivamente col nome di huqin (cetra barbara): molto diffuse sono quelle a piccola cassa e munite di due corde (dal XX secolo in acciaio) fra cui lo erhu. Il manico  a bastone qui è privo di tasti, il risonatore può essere esagonale, ottagonale o circolare ed ha una tavola armonica ricavata da pelle di serpente. Un laccio avvicina le corde al manico fungendo da capotasto mobile per aggiustamenti di intonazione. Il lungo arco monta un fascio di crini di cavallo inserito fra le due corde. Lo erhu è tenuto verticalmente e attualmente raggiunge le 3 ottave (prima solo un ottava e mezza) per raggiungere virtuosismi simili al violino. Simile allo erhu, il sihu (a quattro corde), è una fidula usata sia dagli han che dai mongoli.

Tipico della minoranza mongola è il morin khuur, grossa viella a cassa trapezoidale munita di due corde. Dallo erhu nel ‘900 è stata creata tutta una famiglia di strumenti: il  zhonghu (con registro simile ad una viola), il dahu (simile al violoncello) e il dihu (simile al contrabbasso).

Aerofoni

I flauti traversi han, i dizi (con mirliton in bambù), oltre a sei fori digitali e quello di insufflazione ne presentano un altro su cui si applica una sottile membrana di midollo di bambù, il dimo, che funge da mirliton aggiungendo una qualità nasale e ronzante al suono.

Il flauto traverso han, in due tipologie, ha sviluppato da un secolo un ricco repertorio solistico. Il flauto dritto con imboccatura a tacca invece è associato al qin o ad altri strumenti.

Fra i flauti arcaici diritti vi sono il flauto globulare xun e la siringa xiao (flauto diritto): dei due solo il secondo rivive dagli ’80. Ci sono oboi a canneggio cilindrico (guan o guanzi) e a canneggio conico (suona) attualmente entrambi usati anche in ambiti folklorici. Il suona è connesso a strumenti diffusi nel mondo arabo-islamico come il surnay centro asiatico o il zurna arabo.

Sheng

Gli organi a bocca (sheng) in passato suonati nelle musiche di corte oggi sono usati in contesti folklorici e delle minoranze. Nella tipologia han lo sheng presenta 17 canne, quelle delle altre minoranze variano di numero in numero e per dimensioni. Presso gli han sono rare le trombe.

206px-Sheng

Sheng

Membranofoni

Il repertorio di tamburi e idiofoni è noto come luoguyue, musica per gong e tamburi. Tra i membranofoni i tamburi a barile con pelli inchiodate sono la morfologia più diffusa presso gli han. Quelli a cornice (bangu) sono limitati al gruppo strumentale del jingju e all’accompagnamento  di alcuni canti narrativi. Sono invece le altre minoranze ad avere grande varietà di tamburi che possono essere a cornice, a clessidra e a calice.

Idiofoni: fra gli idiofoni sono diffusi gong (luo) con o senza protuberanza centrale (presenti in batterie fino a 24 elementi). Le campane, oggi connesse alla liturgia buddista, anticamente erano organizzate in serie ed insieme ad altri idiofoni erano il cuore della musica rituale di corte.

I tamburi di rame (tonggu) sono idiofoni tipici della minoranza yao. I cimbali e i tamburi a fessura (muyu) sono spesso collegati al buddismo. Crotali in coppia libera o a gruppi di più elementi  sono usati in vari contesti. Gli scacciapensieri (kouhuang), in bambù o metallo, sono parte dello strumentario di molte minoranze.

Il canto privilegia l’uso della dizione attraverso i cinque punti di articolazione (wuyin sihu). La musica vocale, accompagnata o meno da strumenti, e monodica domina nel panorama cinese folklorico, narrativo e di teatro.

Solo le minoranze hanno pratiche particolari di canto: molte etnie del sudovest praticano la polivocalità assente nella tradizione han.

I mongoli sono noti per il canto difonico (della gola), il xoomii. In Tibet la salmodia delle liturgie buddiste e bon è caratterizzata dall’uso più grave del registro basso della voce vicino all’inudibile.

 


Bibliografia

  • Thrasher Alan R., Chinese Musical Instruments, Hong Kong, Oxford University Press, 2000
  • Sestili Daniele, Musica e tradizione in Asia orientale. Gli scenari contemporanei di Cina, Corea e Giappone, Roma, Squilibri, 2010

 



Categorie:U11- Musica cinese - 中國音樂

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