
Francis Bacon, Gouache (1929)
Gouache- Guazzo
Il guazzo, noto anche nella forma francese gouache, è un tipo di colore a tempera reso più pesante e opaco con l’aggiunta di un pigmento bianco (per esempio biacca o gesso) mescolato con la gomma arabica (un tempo era preferita la gomma adragante). Il risultato è appunto un colore più coprente e più luminoso rispetto al normale colore a tempera.
Simile alla tempera e all’acrilico, la pittura a gouache si differenzia da entrambe per una serie di elementi, fra cui l’uso di un pigmento bianco ricavato da elementi naturali (come il gesso o il bianco di zinco), e la caratteristica opaca del colore essiccato che conferisce al quadro un’atmosfera ovattata.
Il termine può anche indicare sia la tecnica di pittura che i dipinti eseguiti con questo tipo di colore.
Guazzo deriva dal latino volgare *aquatia, astratto di aquātus oppure da aquātio, -onis “provvisto di acqua”, incrociatosi forse con guado (dal latino vadum, incrociato con il franco *wad).
Si diffuse in Francia nel XVIII secolo, anche se di origine più antica essendo già in uso nell’Europa del XVI secolo, ed era utilizzato soprattutto per i bozzetti preparatori dei lavori a olio. Il guazzo infatti, visto ad una certa distanza, somiglia alla pittura a olio e asciugandosi prende un tono perlaceo per il bianco che contiene. Nel XIX secolo si diffuse maggiormente per via dell’impiego nella produzione dei cartelloni pubblicitari.
Con il guazzo è difficile trovare la giusta tonalità perché, quando si asciuga, i colori subiscono variazioni sensibili (in genere le sfumature scure tendono a diventare più chiare e quelle chiare a scurirsi); le difficoltà si accentuano ulteriormente se il lavoro viene eseguito in più riprese.
Un altro problema è il rischio della microfessurazione se il pigmento viene steso in strati troppo spessi; l’inconveniente può essere alleviato usando mezzi di ispessimento come l’acquapasto. Può risultare invece molto efficace se applicato alla carta colorata, come per esempio nelle opere di William Turner.
Molte guide presenti su internet ricalcano il principale difetto della tecnica “a guazzo”, ossia quello di frantumarsi in microfessure una volta che i colori si siano essiccati. Ciò pare sia dovuto alla pastosità degli stessi e al fatto che molti quadri vengono dipinti a più riprese passando uno strato superiore non appena quello sottostante si sia asciugato. Le tele di lino hanno inoltre la capacità di allargare e restringere le maglie in base alle condizioni climatiche, e ciò a lungo andare potrebbe lesionare il lavoro finito. Basterà quindi usare un supporto rigido, come del cartone o del legno, oppure passare uno strato di imprimitura prima di abbozzare il quadro, preparando una miscela di gesso e acqua spennellata ed asciugata. L’imprimitura farà assorbire i colori e renderà rigida la tela di lavoro.
Se invece il quadro dovrà essere realizzato necessariamente a più riprese (ad esempio per creare giochi di luci ed ombre) esistono alcune tecniche che consentono di ispessire il colore rendendolo robusto dopo l’asciugatura. Tra quelle annoverate la più gettonata è quella che utilizza l’acquapasto, ossia un prodotto sotto forma di gel che andrà diluito assieme al colore prescelto. Il medesimo dovrà essere mescolato anche con gomma arabica per ottenere un colore robusto, ma la percentuale di acquapasto varia in base alla miscelazione dei pigmenti.
Il guazzo è il primo tipo di colore ed ancora il più utilizzato per la produzione di decalcomanie e per le scenografie.
Fonte: Wikipedia
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